“web3” è il termine che descrive la prossima evoluzione di Internet, basata blockchain e decentralizzazione.
Si chiama così in contrasto a quello che c’era prima.
Il web1 era la prima versione di internet, negli anni 90: era fatta da pagine statiche che si potevano consultare e cambiare, ma con cui non si poteva interagire (o almeno non facilmente).
Il web2 (che all’epoca se chiamava web 2.0, beata gioventù) essenzialmente è il web dei social network, dei blog, di wikipedia, dove i siti sono il prodotto delle interazioni dei vari utenti. Però, nonostante le foto delle vacanze su Facebook ce le mettevamo noi, i server (e i soldi) erano tutti de Zuckerberg.
Il web3 è questa bella cosa che stiamo costruendo insieme in cui i partecipanti hanno privacy, controllo dei propri diritti, proprietà verificabile dei propri asset etc.
Uno degli esempi di come il web3 cambia le cose sono i wallet: quando ci si connette a un sito vecchio (come Google, Facebook, etc), siamo noi che dobbiamo chiedere il permesso di entrare, e registrandoci dobbiamo accettare tutte le 900 pagine di termini e condizioni che non si è mai letto nessuno e in cui vendiamo l’anima al diavolo.
Invece quando ci si connette a un sito web3, quel sito chiede il permesso di connettersi al nostro Metamask: noi possiamo revocare l’accesso in qualsiasi momento, rimaniamo proprietari di tutto quello che c’è dentro e non ci può dire niente proprio nessuno.
Meglio no?